Un po’ di storia….
Appartenente probabilmente ma non sicuramente alla pieve di Bornato, la chiesa di S. Pancrazio di Paderno FC. La cura d’anime risulta già costituita nell’Elenco dei benefici della diocesi del 1410, con un reddito di 22 lire. Come ha sottolineato don Tonoli: «probabilmente era da poco costituita in parrocchia, giacché troviamo nel «Breviarium» del notaio vescovile Giacomino da Ostiano che si provvede ripetutamente alla Chiesa di Paderno negli anni 1389-90, per mezzo di economi spirituali ad sex menses (Lorenzo di Soncino e Giacomo di Desenzano), metodo quasi ordinario a quei tempi per avviare a definitiva costituzione le Parrocchie». Da Bornato (o da altra pieve) si rese indipendente molto presto dato che la parrocchia di Paderno FC non è inclusa fra le chiese parrocchiali e che la pieve di Bornato pretendeva che il parroco continuasse a dipendere da essa per ritirare gli olii santi il sabato santo. Del resto nel 1567 il parroco don Baitelli nel costituto della visita del vescovo Bollani, dichiarava che già da lungo tempo la parrocchia ritirava gli olii santi direttamente dalla Cattedrale. Impulso alla vita parrocchiale lo diede don Lubiano Marsiano passato nel 1503 circa ad una cappellania di Salò, da altri contesa, a Paderno FC come rettore della chiesa di S. Pancrazio. Si deve forse a lui il completamento della chiesa parrocchiale consacrata il 4 ottobre 1503 dal vescovo suffraganeo di Brescia mons. Marco Saracco. Fu ancora il Marsiano ad erigere l’altare e la Confraternita del Ss. Sacramento e a rinnovare o dare più degna sistemazione al fonte battesimale. Nel sec. XVI esiste anche una Confraternita di S. Andrea, prima con sede come sostiene il Tonoli ma senza prova, nel santuario di S. Gottardo ma che nel 1621 è già legata all’altare del SS. Rosario. Nella sua visita del 13 ottobre 1567 il vescovo Bollani trovava la parrocchia in discrete condizioni (non esistevano concubinari, eretici, né matrimoni irregolari). La vitalità religiosa di Paderno ha numerosi riscontri nei secoli. Nella seconda metà del sec. XVIII con la riscoperta di un affresco della Madonna detta della salute, la devozione mariana divenne ancora più viva trovando la sua espressione più solenne nella festa fissata alla III domenica di ottobre. Verso la metà del 700 in anni di crescente crisi economica Paderno realizzava una nuova chiesa parrocchiale, vero monumento di arte e devozione, giacché come testimonia don Omodei non bastando le pur cospicue offerte, essa venne edificata anche e forse soprattutto dal ricavato della “filatura del lino” e “delle cerche ovvero questue di galette, frumenti, vino e grate per ricavarne acquavite”. Del resto venuto a Paderno FC nel settembre 1829 il vescovo mons. Nava non poté non constatare quanto aveva già riscontrato nella visita pastorale del 1817 quando scrisse: «Con mia edificazione tutti tornano ad accostarsi ai S.S. Sacramenti e la bontà di questa popolazione mi è di conforto». ANTICA PARROCCHIALE. La prima chiesa parrocchiale deve essere stata eretta nella seconda metà del sec. XV, quasi contemporaneamente all’erezione della parrocchia. Venne consacrata il 4 ottobre 1503 come ricorda una lapide conservata in sagrestia che suona: «DIVO PANCRAZIO / PATRONO-SACRUM / IIII-NONOCT- MDIII / PAULI-ZANE-PONT-BRIX / M. SAR-PONT-NAUP-VICAR / LUBIANO-MARS-RECT.-R.-M- / CONSECRAVIT». Che tradotta in italiano vuol dire: «Questo tempio sacro al patrono S. Pancrazio, fu consacrato il 4 ottobre 1503 da Marco Sarocco vescovo di Lepanto e vicario del vescovo di Brescia Paolo Zane, essendo rettore Don Lubiano Marsiano». Pochi anni dopo la consacrazione il parroco don Lubiano Marsiano oltre ad altri abbellimenti eresse un nuovo fonte battesimale di cui nel 1930 è stata segnalata seminterrata la elegante vasca marmorea, ornata della fiamma simbolica del nome di Cristo, tanto usata da S. Bernardino da Siena nella sua propaganda antiblasfema, e di una iscrizione, che gira intorno al labbro ottagonale della vasca medesima e che dice: «INSIGNITO CORPORIS XSTI SACRARIO ALTARI CALICIB. PARAMENT. MISSALIB. PALLAQ. MUNITO. SALUTIS FONTEM LUBIANUS MARSIANUS RECT. AERE PROPRIO P. – MDXXIIII». Ma la chiesa era rimasta o incompiuta o ridotta in condizioni deplorevoli. Tale la trovava il vescovo Bollani nella sua visita del A sua volta nel 1580 il visitatore a nome di S. Carlo trovava il presbiterio non conforme alle prescrizioni del Concilio di Trento e non finito il campanile. Il visitatore rilevava inoltre l’irregolarità della cappella del Battistero troppo debordante dall’edificio. Forse rimesse in ordine nella metà del sec. XVII, la chiesa aveva quattro altari laterali dedicati al Ss. Sacramento, alla Madonna del Rosario, a S. Andrea e a S. Gottardo. Quello del Ss. Sacramento venne rifatto nel 1670 circa. La chiesa ormai cadente venne demolita verso la metà del sec. XVIII per erigere la nuova chiesa. La costruzione di una nuova Chiesa venne decisa dalle vicinie nel 1748 anno nel quale vennero sacrificati all’opera gli utili del Monte di pietà e si diede impulso all’opera. Fu costruita, è stato osservato, con le briciole e ciò spiega una certa lentezza anche se non mancarono considerevoli lasciti come quelli di Angelica Fainelli, dei parroci Bonomini, Vincenzo Belleri, del nob. Giulio Baitelli e di altri Baitelli. L’incarico del progetto venne affidato all’arch. Giovanni Battista Marchetti del quale rimane un bel disegno da lui firmato. Al riguardo, alcuni studiosi ritengono che, anche in considerazione dell’età avanzata dell’architetto, il progetto lo si debba probabilmente al figlio ab. Antonio, emulo del padre nell’architettura. Il progetto originario subì per la ristrettezza dei mezzi a disposizione alcuni ridimensionamenti, per i quali fu sacrificata la cupola prevista sul presbiterio ma l’edificio riuscì ciò nonostante un bel monumento architettonico. L’abbattimento della vecchia chiesa ebbe luogo nel luglio 1766 quando il vescovo ordina il trasporto del SS. in S. Gottardo o al santuario della Madonna del Castello. Già fin dal 1785 le opere murarie erano finite. Nel 1787 Pietro Scalvini aveva già affrescato il presbiterio, mentre nel 1799 veniva eretto il bell’altare maggiore e al contempo furono completati gli altari laterali. Toccò al parroco don Tobia Omodei completare l’opera nel suo insieme, con il nuovo campanile (1806) con la posa delle stazioni della Via Crucis (1830), della sagrestia (1833), del coro, della facciata (1838). Nel frattempo il Teosa affrescava la navata. La facciata di grande eleganza settecentesca, ancora rustica, nel 1803 venne dotata dell’elegante portale opera del tagliapietre Paolo Palazzi di Rezzato, grazie ad una cospicua offerta di Lelio Bonardi (m. nel 1804). Nel 1837 l’impresario Giovanni Confortini di Virle la ornava degli apparati architettonici (basamenti, lesene, capitelli). Di ignoto scultore sono le due statue di S. Pancrazio (titolare della chiesa) e di S. Gottardo (patrono).”L’interno, scrive Giovanni Cappelletto, mostra il disegno perfetto che non può essere di un semplice capomastro. Le quattro cappelle laterali si alzano fino al tetto fra i contrafforti molto marcati, cui si affiancano semicolonne che chiudono tra loro nicchie con statue. Gli Arconi di apertura delle cappelle sono retti invece da semplici lesene. Sopra il presbiterio il progetto prevedeva un cupolino elissoide, sostituito nella realizzazione da una vela. L’abside è piatta con catino a conchiglia ma resta separato dal cupolino da due arconi traversi che riprendono, in perfetta coerenza, il ritmo della nave”. L’interno è ricco di stucchi, opera del comasco Martino Pasquello e dal figlio Fortunato, fedeli collaboratori dell’architetto Marchetti. Il presbiterio è stato affrescato nel 1787 da Pietro Scalvini con una grande raffigurazione del martirio di S. Pancrazio, definito secondo l’Anelli, con i suoi quattro spiritosissimi” Evangelisti dei pennacchi, «un affresco d’impianto ariosissimo, brillante di colore, saldissimo nella costruzione. Un affresco che dimostra in pieno la tenuta qualitativa plastica e formale dell’artista anche nelle opere estreme e che, semmai, deve far riflettere su certi recuperi formali rispetto ad un periodo precedente di gusto più fragile e di colorismo schiarito fino all’estenuazione». Nella volta della navata il pittore clarense Giuseppe Teosa ha raffigurato in due grandi affreschi il Battesimo di S. Pancrazio e lo stesso santo che si rifiuta di adorare Giove, risalenti probabilmente agli anni Venti del sec. XIX. Sopra la bussola della porta maggiore lo stesso pittore ha raffigurata la scena di Gesù che scaccia i profanatori del tempio. Ai lati della navata subito dopo l’ingresso stanno in nicchie due statue di S. Agostino e S. Girolamo. Seguono lungo le navate altre statue raffiguranti il re Davide penitente, S. Gregorio Magno, S. Ambrogio, opera di Silvestro Salterio. Proseguendo lungo la navata di sinistra si trova l’altare in scagliola opera di Martino Pasquetti con una tela della S. Famiglia, proveniente dalla Pinacoteca di Brera di Milano che Luciano Anelli ritiene bolognese, della metà del sec. XVII. Lavoro “certo impregnato, continua l’Anelli, dei lumi del Guercino e di certa sua nobiltà di atteggiamenti ma, anche, così ricca di naturalezza di gesti e di un’attenzione per la mensa – tovaglia e suppellettili – che par conoscere Annibale Caracci”. Segue la cappella e l’altare del SS. Sacramento. Costruito forse dal 1791 venne poi nel 1800-1801 adornato di stucchi del comasco Martino Pasquelli e del figlio Fortunato mentre per le mense parapetti e giardini, vennero utilizzati i precedenti altari. Vi venne collocata la tela dell’altare precedente sostituita nella nicchia superiore dalla statua del S. Cuore e nella inferiore dalla reliquia della S. Croce.
L’altare maggiore e la tribuna vennero costruiti nel 1798-1800 da Paolo Palazzi di Rezzato e pagati lire 2504. Le cantorie come il pulpito furono costruite nel 1815 dall’artigiano locale Giovanni Paderno e decorate e dorate da Angelo Poisa. L’organo antico di ignoto autore venne sostituito nel 1819 da uno nuovo costruito dal bergamasco Luigi Cadei. Nel 1910 venne poi rifatto dalla ditta G. Bianchetti di Brescia. Il coro e i sedili del presbiterio vennero eseguiti nel 1833. Scendendo dalla navata di destra si incontra la cappella e altare della Madonna del Rosario, iniziata nel 1791 circa, con il ricupero dell’altare della chiesa precedente e stucchi di Martino e Fortunato Pasquelli di Como. Nella nicchia venne collocata la statua della Madonna del Rosario sostituita poi da altra della Madonna di Fatima. Sotto la statua in elegante cornice venne collocata l’antica immagine a fresco della Madonna della Salute, riscoperta a quanto pare nel 1860 nella demolizione della antica parrocchia e subito fatta oggetto di particolare devozione. L’altare che segue è dedicato alla B. Vergine coi S.S. Gottardo, Antonio abate e Vincenzo de Paoli raffigurati in una tela proveniente, come quella dirimpetto, dalla Pinacoteca di Brera nella quale Luciano Anelli vede una “macchina” barocca, ma abbreviata nello spazio della tela con un gusto per i rapporti e dei gesti che la rende assai accattivante. Le stazioni della Via Crucis vennero poste il 21 ottobre 1830. Sono opere molto espressive del pittore Giuliano Motta mentre le cornici ovali ricurve vennero eseguite dal falegname locale Paderno e dorate da Poisa. Il parroco don Tonoli provvide la chiesa parrocchiale di una bella statua di S. Gottardo da esporsi nel giorno della sua festa. La sagrestia, di elegante forma ottagonale, venne costruita dal 1812 al 1814 su disegno dell’arch. Antonio Vigliani, decorata dal Terraroli e affrescata dal Teosa. Il grande banco venne posto nel 1833. Negli ambulacri della sagrestia esiste un busto marmoreo di don Tobia Omodei dello scultore Pietro Pagani di Carrara con una lunga iscrizione latina altamente laudativa. Nel 1990 venne rifatto in marmo il pavimento della chiesa parrocchiale, realizzato il nuovo altare maggiore ed il nuovo ambone. Il campanile venne eretto dalla ditta Francesco Della Torre nel 1806. Nel 1808 vi venne collocato il concerto di campane fuse dalla ditta Montini di Bergamo. L’orologio elettrico venne posto nel 1903 dalla ditta Frassoni di Rovato.
Gianluigi Valotti